Il Governo gestisce la tv pubblica come in un regime totalitario

Continuano le “epurazioni” eccellenti in Rai. Dopo l’addio di Fabio Fazio, che dal prossimo autunno traslocherà il suo programma record di ascolti e di utili su Nove, anche Lucia Annunciata annuncia il suo addio alla tv pubblica: “Arrivo a questa scelta senza nessuna lamentela personale – ha scritto la giornalista in una lettera inviata ai vertici dell’azienda – giudicherete voi, ora che avete la responsabilità, il lavoro che ho fatto in questi anni”.

La conduttrice di “Mezz’ora in più” non usa mezzi termini: “Vi arrivo perché non condivido nulla dell’operato dell’attuale Governo, né sui contenuti, né sui metodi. In particolare non condivido le modalità di intervento sulla Rai. Riconoscere questa distanza è da parte mia un atto di serietà nei confronti dell’azienda che vi apprestate a governare. Non ci sono le condizioni per una collaborazione dunque”.

Peggio di Berlusconi

L’addio dello storico volto di Viale Mazzini non è il primo e probabilmente non sarà l’ultimo, ma al netto dei tappi delle bottiglie di spumante del discount che svolazzano in alcune case, la gestione della tv pubblica (e non solo di quella…) da parte dell’attuale Governo dovrebbe destare molta preoccupazione. Persino gli esecutivi guidati da Silvio Berlusconi, di cui ancora ricordiamo quella sorta di “editto bulgaro” che portò alla cacciata di Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi, sembra ben poca cosa rispetto all’occupazione totale che si sta consumando in queste settimane.

L’ex premier e proprietario della principale concorrente della Rai non era certo un campione di democrazia e più di una volta è stato accusato di indebolire la Rai per favorire la sua azienda, ma non si può negare che lasciasse degli spazi alle minoranze, forse conscio del fatto che allontanare più di mezza Italia dalla tv pubblica alla lunga sarebbe stato controproducente persino per il suo business.

Una Rai che non rappresenta il Paese

Numeri alla mano, un totale monopolio della maggioranza sulla Rai, oltre che ricordare in modo inquietante regimi come quello della Russia di Putin o democrazie azzoppate come l’Ungheria di Orban, non rispecchia le idee di oltre mezza Italia. Vale la pena ricordare, per l’ennesima volta, che il Governo Meloni rappresenta una maggioranza relativa che rappresenta 12,3 milioni di voti. I principali partiti di opposizione, pur essendo divisi e litigiosi, rappresentano 12,8 milioni di voti.

L’estrema destra, che si ritrova direttamente al potere dopo ottant’anni, non sta dando prova di aver lasciato cadere tutte le zavorre. Quella di Giorgia Meloni e dei suoi ha tutte le caratteristiche di una presa del potere, di una rivalsa, di un’atavica voglia di comandare.